Attualità di Redazione , 26/09/2020 9:42

CGIA: con covid rischio lavoro in nero

Attualita

La crisi determinata dall’emergenza sanitaria potrebbe far “esplodere” l’esercito degli abusivi e dei lavoratori in nero presenti in Italia. Stando alle previsioni dell’Istat, infatti, entro la fine di quest’anno circa 3,6 milioni di addetti rischiano di perdere il posto di lavoro.

Sebbene sia difficile prevedere quante persone perderanno il posto di lavoro nel Triveneto, non è da escludere che nel nostro territorio altri 450-500 mila lavoratori saranno espulsi dal mercato del lavoro entro la fine di quest’anno. Auspicando che la dimensione del numero di coloro che perderanno il lavoro sia decisamente inferiore a quella a rischio, l’Ufficio studi della CGIA ipotizza che una parte di questi esuberi verrà sicuramente “assorbita” dall’economia sommersa. Non saranno pochi, infatti, coloro che, dopo aver perso il posto in fabbrica o in ufficio, si rimboccheranno le maniche in qualsiasi modo, anche ricorrendo al lavoro in nero.

Stiamo parlando di quelle persone che non riuscendo a trovare una nuova occupazione accetteranno un posto di lavoro irregolare o si improvviseranno come abusivi. Grazie a questa scelta riusciranno a percepire qualche centinaia di euro alla settimana; pagati poco e in contanti, tutto ciò avverrà in nero e senza alcun versamento di imposte, contributi previdenziali e assicurativi.

Oltre alla probabilissima espansione del lavoro irregolare, la situazione di difficoltà economica in cui versa il Paese sembra non essere avvertita dalle forze politiche e in generale dall’opinione pubblica. Anche in Veneto, che rimane la regione triveneta più importante, i confronti statistici non lasciano presagire nulla di buono. Afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: “Nel 2009, che viene ricordato come l’annus horribilis anche dell’economia veneta degli ultimi 75 anni, il Pil della nostra regione scese del 5 per cento e la disoccupazione nel nostro territorio nel giro di qualche anno passò dal 3,5 al 7 per cento. Quest’anno, invece, se le cose andranno bene la contrazione del Pil nel Veneto sarà del 10 per cento: una riduzione doppia rispetto a quella registrata 11 anni fa. Alla luce di ciò, è molto probabile, dal momento in cui verranno meno la Cig introdotta nel periodo Covid e il blocco dei licenziamenti, che il tasso di disoccupazione assumerà una dimensione molto preoccupante. Secondo le previsioni di Prometeia, infatti, nel 2021 potrebbe salire all’8 per cento”.

Ad “ammortizzare” una parte dei posti di lavoro persi a causa dell’emergenza sanitaria ci penserà l’economia sommersa. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che in Italia ci sono oltre 3,3 milioni di occupati in nero, il tasso di irregolarità1 è del 13,1 per cento e tutte queste persone producono un valore aggiunto in nero di 78,7 miliardi di euro. Nel Triveneto, fortunatamente, questa piaga sociale ed economica ha dimensioni molto contenute. A fronte di una stima di 316.300 lavoratori in nero, il tasso di irregolarità è di poco inferiore al 10 per cento e il valore aggiunto generato dall’economia sommersa nelle nostre 4 realtà territoriali ammonta a 8,7 miliardi di euro all’anno. A livello regionale la situazione più difficile si registra nel Friuli Venezia Giulia che presenta un tasso di irregolarità degli occupati del 10,5 per cento (14° posto a livello nazionale). Scende al 10,3 per cento quella in Provincia di Trento, mentre Veneto e Bolzano sono le aree più virtuose del Paese, rispettivamente con il 9,1 e il 9 per cento di tasso di irregolarità.

TASE E BUROCRAZIA

“Con troppe tasse, un sistema burocratico e normativo eccessivamente oppressivo e tanta disoccupazione – segnala il segretario della CGIA Renato Mason -  l’economia irregolare ha trovato un habitat ideale per diffondersi, soprattutto in alcune aree del Paese. Inoltre, chi opera completamente o parzialmente in nero fa concorrenza sleale, altera i più elementari princìpi di democrazia economica nei confronti di chi lavora alla luce del sole ed è costretto a pagare le imposte e i contributi fino all’ultimo centesimo.  Anche per questo è necessario che l’esercizio abusivo delle professioni artigianali vada contrastato e perseguito”.

Come si è detto, a rimetterci non sono solo le casse dell’erario e dell’Inps, ma anche le tantissime attività produttive e dei servizi, le imprese artigianali  e quelle commerciali che, spesso, subiscono la concorrenza sleale di questi soggetti. I lavoratori in nero, infatti, non essendo sottoposti ai contributi previdenziali, a quelli assicurativi e a quelli fiscali consentono alle imprese dove prestano servizio – o a loro stessi, se operano sul mercato come falsi lavoratori autonomi – di beneficiare di un costo del lavoro molto inferiore e, conseguentemente, di praticare un prezzo finale del prodotto/servizio  molto contenuto. Condizioni, ovviamente, che chi rispetta le disposizioni previste dalla legge non è in grado di offrire. Inoltre, non vanno nemmeno sottovalutate le condizioni lavorative a cui sono sottoposti gli irregolari: spesso a queste persone vengono negate le più elementari tutele previste dalla legge in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e in queste condizioni, gli incidenti e le malattie professionali rischiano di essere molto frequenti.