Cronaca di Redazione , 17/10/2020 13:14

Stalle, rischio chiusura prezzo latte ai minimi

Cronaca

+13% di vendita del latte a lunga conservazione, +10,6% dei formaggi duri, addirittura +17,7% di quelli freschi nel primo semestre del 2020. L’ultimo report sullo stato dell’arte del comparto, a cura di Nielsen – Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), registra un deciso aumento degli acquisti dei prodotti lattiero-caseari. Con un paradosso, sottolineato da Cia Padova: il prezzo di vendita del latte da parte dei produttori è ancora al di sotto della soglia “limite”, ovvero quei 0,39 centesimi al litro che permettono un seppur risicatissimo margine di guadagno. Meno di tale quotazione significa lavorare in perdita. Oggi un litro di latte viene pagato all’allevatore, in media, 0,38 centesimi al litro. Tuttavia, come precisa Angelo Pierobon, titolare dell’omonima società agricola di Cittadella, le prospettive da qui alle prossime settimane non sono affatto buone: “Il prezzo è destinato a diminuire, dato che è incerta la tenuta del canale Horeca, ovvero il macrosettore relativo all’ospitalità e alla ristorazione. Viviamo in uno stato di grande precarietà, siamo in grosse difficoltà economiche”. Pierobon chiarisce che “in questo particolare contesto storico, con tutte le criticità riconducibili all’emergenza sanitaria tuttora in atto, non siamo in grado di strappare nessun prezzo. Al contrario, dobbiamo subire delle decisioni che ci vengono calate dall’alto, rispetto alle quali non disponiamo di alcun potere contrattuale”.

In pratica, chiarisce Cia Padova, “o gli allevatori accettano quei prezzi al massimo ribasso, o vengono tagliati fuori dal mercato”. In provincia la produzione media, annua, di latte è di 211.373 tonnellate (dati Veneto Agricoltura); da sola, Padova vale l’1,83% della produzione a livello nazionale. “Stiamo andando incontro ad un periodo pieno di incognite – aggiunge Pierobon -. Certo è che chi ha effettuato dei grossi investimenti rischia di chiudere in rosso il bilancio 2020”.

Il colpo del definitivo ko alla filiera potrebbe venire inferto dal contratto siglato nei giorni scorsi da Italatte (gruppo Lactalis) in Lombardia: il prezzo viene fissato inderogabilmente a 0,35 centesimi al litro. A destare una profonda preoccupazione è la clausola secondo la quale l’allevatore, per vedersi corrisposto nel 2021 questo prezzo di base, sarà tenuto a conferire mensilmente a Lactalis lo stesso quantitativo di latte del 2020. Nel caso di eccedenze nei mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile, novembre e dicembre, il prezzo verrà addirittura decurtato 0,06 centesimi al litro. “Questo evidenzia la debolezza del sistema latte italiano – commenta il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini - anche quando si parla di prodotti a denominazione d’origine. Oltre ad una generale mancanza di potere contrattuale da parte degli allevatori”. A detta dello stesso direttore, “risulta inaccettabile proporre contratti di fornitura che tengono conto della negativa congiuntura economica dello scorso febbraio, ma non dell’andamento decisamente più favorevole del mercato dell’ultimo periodo: gli addetti ai lavori hanno registrato una lieve ripresa delle quotazioni”.

“Non si può poi prevedere un limite mensile di produzione, con il pagamento di una rilevante penale che andrebbe ad abbassare ulteriormente il prezzo di conferimento, oltre ad altri vincoli e oneri per gli allevatori”. Questo accordo, prosegue Antonini, “provocherà inevitabilmente la chiusura di molte stalle. Ci auguriamo che l’intesa lombarda non diventi un riferimento nazionale per tutte le altre industrie italiane”. Cia chiederà nelle sedi opportune “condizioni contrattuali trasparenti e corrispondenti, che non penalizzino i produttori, soprattutto quelli che hanno investito nell’innovazione tecnologica”.

“La beffa finale – conclude Antonini – è che la rincorsa al ribasso delle quotazioni applicate agli allevatori non comporterà un minor prezzo finale del latte esposto sugli scaffali della grande distribuzione organizzata. Verosimilmente potrebbero venire messe in atto delle manovre speculative ai danni dei consumatori. Mentre gli imprenditori agricoli saranno sicuramente chiamati a fare i conti con minori entrare che, per l’appunto, mineranno la stabilità della filiera”.