Economia di Redazione , 20/01/2021 16:17

Meno 146 imprese a Padova: la crisi morde

Economia

Sono le stesse Unioncamere e InfoCamere, che nei giorni scorsi hanno diffuso il comunicato coi dati nazionali sulla natalità e mortalità delle aziende, a mettere in guardia: "Normalmente – scrivono – le cancellazioni di attività dal Registro delle imprese si concentrano nei primi tre mesi dell’anno ed è in questo periodo che si attendono le maggiori ripercussioni della crisi dovuta a pandemia". Un avviso importante perché, ad una prima analisi dei dati, sembrerebbe che il 2020 sia trascorso senza che l’economia ne abbia sofferto. Infatti, a fronte delle 272.992 chiusure sono state registrate ben 292.308 aperture con un tasso di crescita annuale pari al +0,32%. Vero è che rispetto all’anno precedente le iscrizioni sono diminuite del 17,2% e le iscrizioni del 16,4%, però resta pur sempre il fatto che i numeri sono in positivo. "Diciamo che 'sembrerebbero' in positivo – commenta il presidente dell’Ascom Confcommercio di Padova, Patrizio Bertin – perché già i dati del Veneto e di Padova denunciano una flessione. E poi i dati non dicono tutto". Ed ecco allora che il Veneto, con 21.827 iscrizioni e 23.649 cessazioni chiude la contabilità (non la realtà) del 2020 con un -1.822 imprese e con un tasso di (de)crescita pari al -0,38%. Padova va un pochino meglio nel senso che ha iscritto 4.463 aziende e ne ha cessate 4.609, vale a dire 146 in meno del 2019 e un tasso di (de)crescita pari al -0,15%. "Questo significa che da noi l’onda della crisi – continua Bertin – ha già toccato terra e che le imprese cominciano a chiudere i battenti, operazione che troveremo amplificata, e di gran lunga, nel conteggio del primo trimestre 2021 anche se, considerati i tempi tecnici delle comunicazioni di cessazione, la metà del mese di febbraio ci dirà già quanto la crisi da pandemia avrà pesato sulle attività imprenditoriali, soprattutto le più piccole". Ma anche di fronte a numeri che, a quel punto, saranno più vicini alla realtà, non è detto che rispecchino fedelmente ciò che, in verità, sta avvenendo. "Se c’è chi getta la spugna – continua il presidente dell’Ascom Confcommercio – è anche vero che c’è chi, espulso dal sistema, magari dove svolgeva un lavoro da dipendente, si 'reinventa' imprenditore, o meglio, diventa 'partita Iva' con tutte le problematiche del caso e, spesso, con poche prospettive se non quelle di poter superare le difficoltà del momento. Ebbene: visto dal lato asettico dei numeri, queste sono nuove imprese, ma non è detto che dietro ad un’iscrizione ci siano la vocazione e la competenza, magari c’è solo la necessità". Insomma, precarietà. Per non parlare poi dei professionisti, l’altra faccia delle 'partite Iva'. "I loro numeri sfuggono ai rilievi camerali – conclude Bertin – ma ricordo che una nostra recente valutazione individuava in ben 2mila i professionisti “ordinistici e non ordinistici” che hanno già chiuso o stanno per farlo. E tra questi una parte importante risiede nelle categorie dello spettacolo che è uno dei settori più colpiti”.